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CON FRANCO MICOLINI ALLA RAAM 2016: UNA SFIDA OLTRE OGNI LIMITE!

Il Coast to Coast degli Stati Uniti d’America è da sempre un viaggio mitico. Per tutti rappresenta un’avventura carica di fascino e suggestione, ma per qualcuno è soprattutto una sfida ai limiti dell’impossibile: Franco Micolini è uno dei super-atleti che affrontano i 5.000 chilometri della RAAM, l'ultra-maratona in bicicletta che unisce l’Ovest all’Est. Lo abbiamo incontrato nella nostra sede, dove ci ha raccontato la sua avventura, che vedrà Parmareggio anche quest’anno al suo fianco per sostenerlo.

Franco, partiamo dall’ABC, cos’è la RAAM?

La Race Across America, o RAAM, è un'ultra-maratona in bicicletta attraverso gli Stati Uniti che si disputa dal 1982. È la gara di endurance più nota e più lunga al mondo: la vince chi riesce a percorrere i 5.000 km ed i 40.000 metri di dislivello che separano la costa Ovest da quella Est nel minor tempo possibile e comunque entro 12 giorni. Per fare un paragone, il Giro d’Italia dura 21 giorni ed il percorso è di circa 3.440 Km; il Tour de France conta 3.660 Km. È una gara che si fa in solitaria, con un mezzo di supporto, non sono ammesse scie dietro altri concorrenti: sei tu contro il tempo e contro te stesso!

Una mission impossible che hai già affrontato nel 2015.

L’anno scorso ero l’unico italiano in gara: è stata una gara che ho affrontato per me stesso, per capire quali erano i miei limiti. È stata una sfida massacrante e allo stesso tempo carica di fascino, anche se purtroppo una lesione al ginocchio mi ha costretto al ritiro quando mancavano “solo” 800 km al traguardo ed ero 6° assoluto. Ho tentato in ogni modo di proseguire, vincendo il dolore con l’assistenza del Dr Passelli, ma alla fine ho dovuto abbandonare. Le avversità climatiche, come il caldo del deserto dell’Arizona e della California, le alte montagne e il freddo del Colorado, mi avevano messo a dura prova. Ma la sfida più difficile è stata quella contro me stesso: quando la fatica, il sonno la stanchezza mi pervadevano, dovevo sconfiggerli, andare avanti e continuare a pedalare.

Raccontaci meglio la tua avventura: quali sono state le difficoltà maggiori?

Le avversità da superare sono state tante, prima di tutto il deserto: 5-6 ore a 50°C sotto il sole battente mi hanno procurato delle bruttissime scottature al volto. In quel primo tratto della RAAM non c’e’ mai refrigerio, pensa che al tramonto c’erano ancora 48°C e per abbassare la temperatura corporea, la mia crew mi spruzzava addosso dell’acqua, che però, oltre agli abiti, bagnava cosce e piedi, procurandomi delle piaghe dolorosissime a causa dello sfregamento della pelle. Un altro problema è stato il sonno, il non poter dormire per non perdere tempo: mediamente riposavo 2 ore per notte e quando ero davvero allo stremo mi concedevo dei micro-sonni di 10 minuti durante il giorno. Mi è capitato di avere dei colpi di sonno mentre pedalavo: una volta sono andato a sbattere contro l’auto della mia crew, la seconda contro un cartello stradale… allora ho capito che era meglio fermarsi, e mi sono buttato per terra per un breve riposo.

Hai portato il tuo corpo al limite.

Dopo il quarto giorno in sella non riuscivo più ad alzare la testa, perché i muscoli del collo si erano irrigiditi e non ne supportavano più il peso: per poter vedere dove andavo, ho dovuto indossare un collare che mi mantenesse la testa dritta. Fortunatamente dopo una mezza giornata con il collare, i muscoli si sono rilassati e sono tornati funzionanti. In quei frangenti è solo la determinazione che ti fa continuare a pedalare: la mente e la volontà diventano un motore molto più potente del corpo.

Quali sono i postumi di uno sforzo così intenso e duraturo?

Una cosa incredibile è che quando scendi dalla bici dopo 4 giorni, non sei più capace di camminare, il tuo cervello ha scordato i movimenti, non sa come coordinare le gambe, i passi. Ma se risali in bici sai pedalare perfettamente! Nei giorni successivi alla gara avevo perso completamente il ritmo veglia-sonno, che ho comunque recuperato nel giro di una quindicina di giorni; i problemi più gravi sono state le piaghe sui glutei e nei piedi, che ci hanno messo parecchio a guarire completamente.

A cosa pensavi mentre pedalavi da solo in mezzo al nulla?

Il trucco sta nel non pensare a niente: spegnere la mente, guardarsi intorno, concentrarsi sul paesaggio, e pedalare. Se cominci a pensare a quanti chilometri mancano, non arrivi più, se dopo 2 giorni in sella inizi a pensare che ti mancano ancora migliaia di km, ti arrendi. Io viaggio sempre senza riferimenti, né contachilometri, né cronometro e la mia crew non deve dirmi da quanto pedalo, solo comunicarmi eventuali modifiche di percorso. Poi bisogna porsi degli obiettivi intermedi: pensare a raggiungere la successiva stazione di tappa lungo il percorso: nella RAAM le più lontane distano 80 miglia, circa 130 km, le une dalle altre.

Hai seguito una dieta particolare durante la RAAM?

Mi sostenevo con prodotti omeopatici e integratori equilibrati che mi fornivano tutte le sostanze nutritive necessarie per prestazioni atletiche estreme; poi anche panini, pizza, frutta secca, dolci e Parmigiano Reggiano. A causa dello sforzo, ho anche avuto uno shock alimentare durato due giorni: mangiavo e vomitavo, il mio stomaco non riusciva a digerire e sono arrivato a perdere 8 chili. In quei frangenti riuscivo a mangiare solo riso con olio e Parmigiano Reggiano, da un bicchiere mentre continuavo a pedalare.

Partecipare ad un evento così massacrante implica una tenacia di ferro e un allenamento costante.

È un sacrificio che non si limita ai dodici giorni di competizione ma, come nel mio caso, a due anni di preparazione. Per partecipare alla RAAM 2015 ho iniziato la lunga strada di avvicinamento nel novembre del 2013, con la gara di qualifica in solitaria: sono andato in Svizzera dove ho partecipato alla Swiss Cycling Marathon, corsa di 720 km in 29 ore. Per i non professionisti come me, i sacrifici sono tanti: ho una famiglia, un lavoro e posso allenarmi solo nel tempo libero. Devo sacrificare praticamente tutto il resto: svago, relax. Mi alzo la mattina alle 5, colazione e subito un paio d’ore di allenamento, poi al lavoro. La sera si ripete il copione, cena e allenamento di nuovo, una mezz’oretta di stretching davanti alla tv e si va a letto. Il sabato e la domenica solo allenamento: un weekend ho pedalato da Udine a Santa Maria di Leuca, 1.200 km, in 42 ore senza soste. Per non parlare dei sacrifici che si devono fare a tavola e le varie rinunce.

Verrebbe da chiederti se ne vale davvero la pena…

Un amico un giorno mi disse: “ma non te lo ha mica ordinato il medico!”. È vero, ma è più forte di me: cercare di superare i miei limiti è diventata quasi una missione. Sarebbe quasi impossibile vivere senza un traguardo sempre nuovo davanti a te, e il mio traguardo è quello di trovare ogni volta un nuovo limite, alzando sempre l’asticella.

E infatti tra qualche mese riparti per gli Stati Uniti, dove ti aspetta la RAAM 2016.

La gara parte il 14 giugno e al momento siamo 51 iscritti da tutto il mondo, in 2 dall’Italia. Partecipare il primo anno è incoscienza, il secondo è pazzia! Scherzi a parte: quest’anno ho il vantaggio dell’esperienza, so a cosa vado incontro e parto con un team esperto di 9 persone (meccanici, fisioterapisti, medici), italiane e americane: conto di migliorare il risultato dello scorso anno.

Costanza e determinazione: per partecipare alla RAAM serve una forza fuori dal comune, sia fisica che mentale. Siamo convinti che Franco continuerà a macinare chilometri e record, e aspettiamo con ansia di incontrarlo di nuovo per farci raccontare la sua RAAM 2016 e altre incredibili avventure a due ruote!